I costi della ripresa dell’attività sportiva
Da quasi un anno, salvo alcune parentesi, i nostri giovani sono costretti a rimanere in casa e, spesso, gli unici contatti che hanno avvengono tramite uno smartphone o un pc. Consentire loro di tornare sui campi da gioco e nelle palestre nella maniera più sicura possibile è un dovere istituzionale per agevolare sia il recupero di una socialità messa a dura prova dalla pandemia sia di un benessere, anche psicologico, che solo l’attività fisica può garantire.
Uno dei settori colpiti dall’emergenza sanitaria è infatti quello dello sport dilettantistico che, oltre al pesante danno che sta tuttora subendo a causa dei lockdown, è destinato purtroppo a risentire ancora per parecchi mesi dei gravi effetti della pandemia.
Secondo l’ex ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, per la ripresa dei campionati e quindi dell’attività dilettantistica in genere, si stava pensando nel prossimo decreto ristori di prevedere dei contributi per effettuare i tamponi, facendo quindi intendere che si volesse andare verso una modalità molto simile a quella utilizzata per l’attività professionistica.
A fronte di questa proposta, che potrebbe sembrare ragionevole, ci siamo chiesti: ma chi farà materialmente i test e soprattutto quanto ci costeranno? Partendo dal presupposto che gli atleti tesserati in Italia sono circa 4.500.000 con ben 1729 società iscritte che hanno sede in provincia di Brescia, ed ipotizzando di effettuare per ciascuno un tampone rapido a settimana, al costo di 8 euro circa, per nove mesi di attività stimata (36 settimane), otteniamo circa 1,3 miliardi di euro, a cui aggiungere il costo del medico che effettua i prelievi. Il costo quindi è altissimo, ma anche l’aspetto organizzativo sarà molto impattante in quanto tutte le settimane migliaia di medici (le società sportive sono circa 60.000) dovrebbero mettersi a disposizione per queste attività: ci pare una scelta poco ragionevole, soprattutto durante una pandemia.
Lo sport dilettantistico ha una sola speranza per poter ripartire: adottare un nuovo protocollo sanitario e trovare una formula che consenta di svolgere l’attività in sicurezza e senza ulteriori blocchi generalizzati. Non sarà sicuramente facile, ma questo tema deve però essere affrontato al più presto. Perché è adesso che bisogna trovare la soluzione. Sicuramente è necessario recuperare al più presto efficienza nel tracciamento dei contatti dei positivi, per “spegnere” sul nascere ogni focolaio. Così come riflettere sul tema vaccini trovando, dopo aver coperto tutte le categorie a rischio, delle soluzioni alternative a quelle attuali.