Lombardia, dalla regione solo 580 mila euro ai centri antiviolenza

I ritardi nell’erogazione dei fondi statali e regionali non hanno fermato il lavoro dei Centri Antiviolenza e delle case rifugio neanche durante la pandemia. Lo sforzo dimostrato dalle operatrici per far funzionare il sistema antiviolenza è stato raccolto nel nuovo rapporto di ActionAid “Tra retorica e realtà. Dati e proposte sul sistema antiviolenza in Italia”, che ha monitorato l’attuazione del Piano antiviolenza 2017-2020 con un focus sulla risposta all’emergenza Covid-19 in Lombardia, Calabria e Sicilia.   ActionAid chiede alle istituzioni di creare un Fondo di emergenza con risorse aggiuntive e prontamente disponibili e Cabine di Regia locali che garantiscano efficacia e coordinamento per le reti territoriali.

 

La Lombardia ha pagato il prezzo più alto in termini di contagi e decessi in Italia a causa del Covid-19, ma nonostante tutto i Centri Antiviolenza non si sono mai fermati, anzi: la pandemia ha dimezzato il numero delle volontarie – soprattutto quelle di età medio-alta considerate a rischio – perché ammalate o in quarantena, aumentando anche fino alle 24 ore la reperibilità di quelle rimaste in servizio. E a questo si sono aggiunte problematiche di carattere economico che hanno reso ancor più difficile svolgere un servizio essenziale per la comunità.

 

La scarsità di dispositivi di protezione individuale (distribuiti solo in pochissimi casi dalle istituzioni locali come a Brescia), l’obbligo di sanificazione degli ambienti, la mancanza o l’impossibilità di fare tamponi sono stati i primi ostacoli che le operatrici dei centri lombardi hanno dovuto affrontare. Tra il 2015 e il 2019 lo Stato ha assegnato alla Lombardia 10,8 mln di euro, per il 2019 la Regione ne ha erogati solo 580mila “Questi fondi sono del tutto insufficienti perché coprono solo una minima parte delle numerose attività che vengono portate avanti dai CAV e per di più sono destinati ai progetti annuali – precisa Sara Modora, coordinatrice dell’Associazione Aiuto Donna di Bergamo -. È necessario uscire dalla logica della progettualità annuale e dare maggiori risorse perché abbiamo dimostrato che i soldi li utilizziamo per le donne e non li buttiamo dalla finestra”. Per far fronte alle spese straordinarie imposte dalla pandemia infatti i centri hanno spesso fatto ricorso a donazioni di privati, fondazioni e organizzazioni, costretti a seguire ancora una volta una logica assistenzialista.

“Molte di noi sono state colpite direttamente dall’epidemia Covid-19. La prima fase dell’emergenza ha drasticamente ridotto il numero delle volontarie, ma la preoccupazione più grande era la ricaduta sulle donne. È stata necessaria una riorganizzazione interna per gestire i carichi di lavoro ma ne siamo uscite più forti perché questa situazione ci ha unito molto”. Greta Savazzi, operatrice dell’Associazione M.I.A. di Casalmaggiore, in provincia di Cremona, fotografa in poche parole la drammatica situazione vissuta da tutte le operatrici dei Centri Antiviolenza lombardi allo scoppio dell’emergenza.

 

Con la sospensione delle attività in presenza fino a maggio, operatrici e volontarie hanno fornito supporto alle donne da remoto (via telefono e online) dimostrando una grande flessibilità anche a dispetto di strumentazioni inadeguate (computer, webcam) e connessioni internet non sempre funzionanti o impedite da mariti e compagni. Tra le iniziative messe in campo dai centri per sostenere le donne durante l’emergenza c’è stata quella del Cadom di Monza:Ad aprile – spiega la direttrice Cristina Rubagotti – volevamo prepararci al fatto che le donne sarebbero tornate con una serie di bisogni materiali tipo come pago le bollette? Dove lascio i figli? Così abbiamo vagliato tutte le possibilità che potevamo offrire con i nuovi decreti e li abbiamo raccolti nell’opuscolo “Ti informa. Distanti ma non sole: la vita quotidiana in tempi di Coronavirus”, una guida pratica per spiegare le misure di sostegno al reddito, le nuove scadenze delle tasse, i bonus spesa e altre informazioni utili messe a disposizione dalle istituzioni nazionali, regionali e locali e come accedervi”.

 

Problematica è stata soprattutto l’accoglienza in emergenza nelle case rifugio, da sempre caratterizzata da una cronica mancanza di spazi. Nonostante la circolare del 24 marzo inviata dal Ministero dell’Interno alle Prefetture in cui si chiedeva di trovare alloggi alternativi, nessuna istituzione locale ad eccezione di quella di Pavia ha risposto, lasciando alle operatrici la ricerca di strutture esterne come b&b, alberghi e appartamenti messi a disposizione da conoscenti. In alcune aree i centri hanno avuto estrema difficoltà anche a contattare i servizi sociali, le forze dell’ordine, gli uffici giudiziari e i Tribunali per i minori. Questo rallentamento non c’è stato invece a Brescia, Busto Arsizio e Pavia dove, dal Comune alle Prefetture, dalle forze dell’ordine agli ospedali, l’abbandono da parte delle istituzioni non è stato vissuto come in altre aree della regione. “L’augurio – conclude Sara Modora dell’Associazione Aiuto Donna di Bergamo – è che a breve si possa accedere con più facilità ai tamponi per offrire una accoglienza senza ostacoli e garantire un’adeguata protezione alle donne. Ci si deve rendere conto che se non si mettono in atto misure ad-hoc, il rischio che le donne perdano l’autonomia acquisita durante il difficile percorso di uscita dalla violenza è molto alto.”

 

Sulla base di quanto condiviso dalle operatrici dei Centri, ActionAid ha formulato concrete raccomandazioni in caso di nuove emergenze. In particolare: il funzionamento delle reti territoriali antiviolenza dev’essere accompagnato da Procedure Operative Standard che definiscano i ruoli della rete e prevedano una Cabina di Regia Operativa Locale. In questa nuova fase della pandemia, ActionAid rilancia anche il fondo di pronto intervento #Closed4Women grazie al quale è stato sostenuto il lavoro di 24 Centri in tutta Italia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.