Legambiente su zootecnia bresciana e lombarda: sostenibilità è necessità e opportunità
Come rendere sostenibile la zootecnia bresciana e lombarda? Anche in seguito all’appello dei circo- li di Legambiente della provincia di Brescia per una riconversione del comparto, è riemerso il dibat- tito su questo tema, sui cui è intervenuto anche il presidente di Coldiretti Ettore Prandini.
Come circoli di Legambiente, ribadiamo che sostenibilità economica e ambientale non possono più essere separate. Anche gli articoli di questi giorni sulla crisi del settore in seguito all’emergenza Covid danno ulteriore conferma di come l’attuale sistema – in gran parte fondato sui sussidi europei e sulla spinta sempre più pressante verso l’agroindustria – non sia sostenibile prima di tutto per gli stessi produttori, sempre più schiacciati in una “lotta dei prezzi” a cui pochissimi sopravvivono, percorrendo una spirale di concentrazione aziendale che porta a perdite di posti di lavoro e a un cre- scente svantaggio per le aziende minori.
Nello stesso tempo, l’emergenza climatica e gli alti livelli di inquinamento della Pianura Padana richiedono a tutti i settori, dai trasporti all’industria fino all’agricoltura, una drastica riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti. E da questo punto di vista l’impatto del settore agricolo nella nostra regione risulta ancora troppo elevato. Rispetto ai dati riportati da Prandini, segnaliamo infatti che:
- il dato del 7% di contributo di emissioni di CO2 dal comparto agricolo a livello nazionale è una media tra le regioni che hanno una zootecnia di tipo estensivo (aree montane e mediterranee) e regioni a zootecnia intensiva, e più di tutte la Lombardia, che ha emissioni superiori alla media europea. Per la Lombardia siamo infatti all’11% di emissioni da fonte agricola sul totale delle emissioni regionali, e arriviamo al 18,9% in Provincia a fronte della media europea del 9,5% (secondo ARPA Lombardia, i tre settori che contribuiscono maggiormente alle emissioni climal- teranti in provincia di Brescia vedono al primo posto le combustioni nell’industria, al secondo il trasporto su strada, e al terzo l’agricoltura rispettivamente con 2,9, 2,8 e 2,3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente). E questo senza contare le emissioni non contabilizzate come quelle da macchine agricole (che gli inventari riconducono alla voce “trasporti” o “consumi energetici”) o quelle per la produzione e impiego di fertilizzanti azotati, o ancora le emissioni “esternalizzate” che, se conteggiate, farebbero impennare questi dati: è il caso delle emissioni legate alla coltiva- zione di foraggi, che derivano in gran parte da Paesi esteri;
- Arpa Lombardia ha certificato un significativo contributo del settore agricolo all’inquinamento dell’aria, in particolare riguardo alla formazione del particolato secondario attraverso le emis- sioni di ammoniaca che provengono quasi totalmente (circa il 97%) da questo settore: l’ammo- niaca si combina infatti con gli NOx, generati soprattutto dal traffico, per formare sali d’ammo- nio, che compongono anche oltre il 50% del particolato sottile misurato in atmosfera;
- riguardo alle sostanze usate in campo, la Lombardia – secondo dati ISTAT – impiega oltre 8.300 tonnellate di principi attivi di pesticidi (significa 8,5 kg per ettaro), e oltre ai liquami zootecnici, sparge sui suoi campi altre 330.000 tonnellate di fertilizzanti (cioè circa 300 kg per ettaro, molto più della media nazionale pari a circa 200 kg per ettaro). Lo spandimento dei liquami ha inoltre un notevole impatto su suolo e acqua: composti azotati in eccesso infatti sono all’origine del- l’inquinamento da nitrati di fiumi, canali e falde acquifere da cui attingono pozzi e
Riteniamo indispensabile ragionare con tutti gli attori coinvolti per trovare alternative virtuose da un punto di vista economico e ambientale. Tra le misure da adottare, chiediamo di:
- aumentare gli investimenti nel biologico, che in Lombardia riguarda produzioni prevalentemen- te non zootecniche, ma che là dove utilizzato – come per esempio per il Franciacorta – ha dimo- strato di poter essere una via per unire qualità ambientale e prestazione economica;
- ridurre le densità di allevamento per trovare un diverso equilibrio e un franco spostamento dalla quantità alla qualità, aiutando i piccoli produttori e affrancando il valore delle produzioni dalle quotazioni di mercato generalmente penalizzanti per i produttori;
- certificare l’autosufficienza aziendale per l’approvvigionamento di foraggi, perché ormai i con- sumatori sanno che troppe foreste tropicali vengono distrutte per essere trasformate in coltiva- zioni di soia OGM destinata agli allevamenti europei;
- avviare i liquami, insieme agli scarti agroalimentari, a digestione anaerobica per ottenere bio- gas/biometano, compost da digestato e sali d’ammonio estratti dall’effluente gassoso (ovvia- mente in impianti fatti nei luoghi e nei modi giusti): approcci consortili e di filiera possono ren- dere gli investimenti sostenibili anche per aziende di minori dimensioni;
- migliorare il sistema dei controlli e dotarsi di codici di comportamento, specie per le aziende zootecniche che beneficiano di aiuti PAC (Politica Agricola Comune).
Le criticità climatiche e ambientali sono oggi un dato di fatto, i cui impatti ricadranno prima di tutto proprio sugli stessi allevatori. È sbagliato negarle o minimizzarle, soprattutto in questo momento decisivo in cui a livello europeo è stata presentata la strategia Farm to Fork ed è in discussione la nuova PAC, che entrerà in vigore dopo il 2022.
La sostenibilità dei sistemi agroalimentari è una sfida tanto complessa quanto indispensabile, una necessità e un’opportunità da cogliere per costruire una filiera che sia davvero sostenibile nella sua interezza, dal campo alla tavola. È proprio perché vogliamo troppo bene all’agricoltura e zootecnia lombarda che non vogliamo lasciarla sola ad affrontare i contraccolpi della necessaria e incipiente ristrutturazione. Da qui il nome della campagna Cambiamo Agricoltura che sviluppiamo con una moltitudine di associazioni: perché in modo plurale ma in prima persona, siamo tutti coinvolti.