Apindustria: Se la formazione resta al palo…
”Nei giorni scorsi, senza troppa eco, l’Istat ha diffuso un rapporto molto interessante osservando che nel 2017 «la produttività totale dei fattori, che misura la dinamica del valore aggiunto attribuibile al progresso tecnico e ai miglioramenti nella conoscenza e nell’efficienza dei processi produttivi, è cresciuta dell’1%, con un rafforzamento della tendenza positiva in atto dal 2012, stimolata anche dall’aumento della propensione innovativa delle imprese, soprattutto industriali».
Una notizia positiva, da valorizzare: siamo ancora indietro rispetto a quanto facciano i migliori Paesi Europei, ma abbiamo iniziato ad ingranare la giusta direzione di marcia. La ricerca avrebbe meritato forse maggiore visibilità, fosse anche solo perché da anni ci martelliamo (giustamente) per il fatto che l’Italia cresce poco a causa della scarsa produttività, ma è stata offuscata dalle nubi che corrono sulle nostre teste.
Nubi che fotografano un rallentamento dell’economia, preoccupano ma purtroppo non stupiscono perché nel nostro piccolo (lo registrava periodicamente il nostro Centro Studi) abbiamo sempre ripetuto che un’economia nella quale un 15-20% del comparto produttivo non ingrana è un’economia col freno a mano tirato.
La notizia della crescita di produttività però c’è, e come tale va considerata. Si accompagna agli investimenti fatti negli ultimi anni in macchinari, formazione, digitalizzazione, riorganizzazione interna, tutti fattori nei quali gran parte delle piccole e medie imprese è stata protagonista. Non è sufficiente però, perché sappiamo che la digitalizzazione è una grande opportunità che può portare a diminuire i costi, ad aumentare i fatturati, ad aprirsi all’internazionalizzazione, a restare con le spalle larghe sul mercato insomma, ma sappiamo che tale processo deve essere accompagnato – ancor più che non in passato – da una formazione continua e da competenze adeguate che devono essere trovate fuori dalle aziende, e qui si apre il grande capitolo della scuola e di come ci si forma oggi, e dentro le imprese stesse. Lavoratori che devono essere riqualificati, giovani che devono subentrare ma si trovano in quel mondo di mezzo senza la professionalità necessaria.
Per questo spiace che nella Legge di Bilancio in via di approvazione siano praticamente assenti i fondi per la formazione 4.0. La formazione è ingrediente fondamentale di tale processo di trasformazione che sta investendo il mondo delle imprese e la società in generale. La formazione e le competenze trasversali sono l’elemento base che ci permette di guardare al futuro con maggiore ottimismo, è un dire che stiamo facendo per noi domani e per le nuove generazioni, è immaginare un futuro più florido. Senza formazione ci si condanna alla serie B da soli. Fondi dedicati alla formazione 4.0 sono necessari, così come lo sarebbe altrettanto ridurre il tasso di burocrazia per le Pmi nella possibilità di usufruire in maniera più agevole dei fondi della cosiddetta formazione finanziata (da lavoratori e imprese, peraltro, con una voce specifica della busta paga…), oggi sottoutilizzata. O, ancora, avviare un ragionamento che dia corpo e gambe agli Its, gli Istituti tecnici superiori, la cui grande opportunità non è ancora stata ben compresa (sul piano culturale ed economico) da tutti i soggetti in campo, studenti e famiglie in primo luogo. Sono queste piccole tracce che si tengono insieme e che offrono, potenzialmente, prospettive più liete rispetto alle attuali. Senza formazione, e senza investimenti continui sul futuro, le nubi delle congiunturali a crescita zero che vediamo oggi, sono i temporali di domani. Sempre più violenti peraltro, e non per colpa (in questo caso) dei mutamenti climatici.”
Douglas Sivieri, Presidente Apindustria Brescia